Lago Albano e di Nemi: le motivazioni di un esposto

— Goletta dei Laghi

del prof. Franco Medici*

Un esposto firmato da tre aderenti al comitato “Per le Future Generazioni” impegnato, assieme ad altre associazioni, nella salvaguardia del lago Albano e del lago di Nemi, è stato presentato e depositato lo scorso 10 gennaio 2025 presso la Procura della Repubblica di Velletri.  In questa breve nota si intendono spiegare i presupposti e le motivazioni dell’esposto.

I laghi vulcanici dei Castelli Romani, il lago Albano (Sito di Interesse Comunitario, SIC IT6030038) e di Nemi, situati all’ interno del Parco Regionale dei Castelli Romani, dalla fine degli anni ottanta sono caratterizzati da una preoccupante e progressiva diminuzione del volume idrico che ha comportato un abbassamento del livello dell’acqua rispetto allo zero idrometrico di alcuni metri (circa 7,5 metri per il lago Albano e circa 2 metri per il lago di Nemi nel periodo compreso tra il 1990 al 2024).

La crescente antropizzazione del  territorio e lo sviluppo delle tecniche di perforazione hanno favorito la capacità di raggiungere le falde acquifere profonde, (vedi figura 1, M. Ruisi, Professione Geologo, n. 62, 2011, pag. 6-9), ciò senza tener conto  dell’entità delle risorse idriche disponibili e della loro capacità di ricarica. Le evidenze di tale disastro ambientale, ormai,  sono sotto gli occhi di tutti: residenti nei comuni limitrofi, gitanti, turisti, canoisti e più in generale la diminuzione dei livelli  di riferimento è osservato da tutti gli utilizzatori dei laghi a fini ricreativi.

_______________

Figura 1,  Sezioni schematiche in cui viene mostrato un emungimento compatibile con la ricarica dell’acquifero (a sinistra) e non compatibile (a destra).  La figura è tratta da una pubblicazione di Manuela Ruisi (vedi citazione nel testo)

_______________

Uno studio effettuato nel 1998 dal Servizio Geologico della Provincia di Roma evidenziava; “attraverso lo studio comparato delle precipitazioni e dei livelli di riferimento dei laghi, fin dal 1952, per il lago Albano e fin dal 1961, per il lago di Nemi, si è rilevato che, sino al 1987, esisteva una certa corrispondenza tra i due fenomeni, mentre da quella data i laghi dimostrano un generale decremento della loro altezza non più  in relazione con la scarsezza delle precipitazioni”.

La situazione dal 1990 ad oggi la situazione, purtroppo, è ulteriormente peggiorata: si è determinato un abbassamento costante del livello del lago di Albano pari a 20-25 cm/anno, e di 10-15 cm/anno per lago di Nemi, con una accelerazione di tale fenomeno dal 2020 ad oggi.

In uno  studio di G. Capelli ed altri (Dipartimento di Geologia dell’Università di Roma III) del 1998 in occasione della “Giornata di studio Regione Lazio – Ordine dei Geologi: uso e tutela delle acque sotterranee”, gli autori del lavoro, a pag. 115 degli atti della giornata di studio, scrivono: “negli ultimi 10 anni, da parte di tecnici ed enti locali, degli studiosi e degli operatori che agiscono nel territorio albano, viene denunciato un diffuso e marcato fenomeno di abbattimento dei livelli delle falde dei laghi Albano e di Nemi. In sostanza sembra evidente che l’equilibrio tra ricarica degli acquiferi e livelli dinamici si sia rotto”.

Nel 2008 (F. Riguzzi e al., Annals of Geophysics, 2008, Vol. 51, N.4, pag. 563-573) hanno stimato il volume di acqua persa dal lago di Albano in 21,7 milioni di metri cubi persi tra il 1997 ed il 2007, con una perdita media annua pari a 1,6 milioni di m3/anno.

Il gestore del servizio idrico nel comprensorio Albano (Acea Ato2), ha evidenziato, inoltre, che le perdite in rete nel 2022 erano pari al 58%, nel 2023 erano pari al 55%, valori inaccettabili, almeno di 10 punti percentuali superiori ai valori medi nazionali (42%). E’ evidente che se si recuperassero in breve tempo almeno 10 punti percentuali per allineare la situazione dell’area albana almeno alla media nazionale si avrebbe come risultato il recupero immediato delle risorse idriche oggi carenti ed una attenuazione dell’abbassamento della falda idrica albana e dei livelli idrometrici di riferimento dei laghi. Tra l’altro il recupero delle perdite in rete è prescritto dal Piano di Tutela delle Acque Regionale (BURL n 103 del 20 dicembre 2018).

A peggiorare la situazione dello sfruttamento idrico ci sono anche le diverse concessioni di prelievo diretto dallo specchio lacustre accordate negli anni, ci risulta, infatti,  che  la Regione Lazio abbia rilasciato negli anni le seguenti concessioni di prelievo diretto di acqua dal lago Albano, probabilmente ancora in essere:

  • con Decreto Ministeriale del 4 agosto 1931 n. 4864/4926 è stata rilasciata alla Santa Sede una concessione di derivazione diretta di acqua dal lago Albano, rinnovata negli anni e, probabilmente ancora valida, pari inizialmente a circa 530.000 m3/anno “per usi ornamentali e di irrigazione delle Ville Pontificie in Castel Gandolfo”;
  • la Snam S.p.A. risultava essere, almeno fino al 1999, titolare di una concessione di derivazione diretta di acqua dal lago Albano pari a 95.000 m3/anno, ma secondo l’ art. 4 del disciplinare, contenente gli obblighi e le condizioni a cui viene vincolato il rinnovo della concessione, “l’ estrazione e l’ utilizzazione dell’ acqua deve assicurare l’ equilibrio complessivo tra i prelievi e la capacità di ricarica dell’ acquifero”. Tali condizioni di equilibrio tra prelievi e ricarica dell’acquifero non esistono più fin dal 1990;
  • con deliberazione n. 3076/1991 la Giunta Regionale Lazio ha rinnovato per 30 anni alla Ditta Manzetti Nicola e Lello la concessione di derivazioni di moduli 0,13 (1,3 l/s) di acqua dal lago Albano per sei mesi all’ anno per uso irriguo. La dotazione d’ acqua concessa al prelievo è pertanto pari a circa 100.000 m3/anno;
  • risulta, inoltre, da un documento Acea del 1998, che il Comune di Albano preleva direttamente dal lago Albano circa 160.000 (m3/anno).

I firmatari dell’ esposto (Tonino D’Annibale, Franco Medici e Milvia Monachesi)  ritengono, quindi, che vi possano essere gravi responsabilità degli Enti preposti alla salvaguardia e alla difesa dell’ambiente, della biodiversità e dell’ecosistema dei due laghi vulcanici nel rispetto del dettato Costituzionale (articolo 9 della Costituzione).

Nello specifico, i firmatari dell’esposto, depositato dall’ Avv. Ilaria Usai, hanno individuato la Regione Lazio, titolare delle concessioni di derivazione d’acqua superficiali e sotterranee, ed Acea Ato 2, ente gestore della rete di distribuzione nel comprensorio Albano, quali responsabili di un disastro ambientale di enorme portata che sta riguardando la progressiva scomparsa di un bene comune quale il lago Albano ed il lago di Nemi.

Nell’esposto viene, inoltre chiesta l’applicazione delle norme regionali di tutela, ignorate da anni, e l’adozione di misure urgenti, tra cui il sequestro preventivo degli impianti di captazione dell’acqua e la revisione delle concessioni idriche di prelievo, misure che potrebbero interrompere l’ aggravarsi dei descritti e devastanti effetti sui laghi e sul territorio.

Il tutto in osservanza dell’ articolo 9 della Costituzione, che si riporta integralmente: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Tutela l’ ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’ interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

* Franco Medici è Professore associato di Scienza e Tecnologia dei Materiali presso il Dipartimento Ingegneria Chimica Materiali Ambiente dell’Università La Sapienza.

 

Altri articoli che potrebbero interessarti:

Be the first to comment

Leave a Reply

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*