Il grave attentato intimidatorio contro il giornalista Sigfrido Ranucci di Report, il post esemplare del figlio

Stanotte un ordigno è esploso davanti all’abitazione di Sigfrido Ranucci, conduttore e responsabile editoriale del programma d’inchiesta Report che va in onda su RAI 3.
L’esplosione ha distrutto la sua auto e danneggiato quella della figlia, oltre al cancello e parte della facciata della sua casa. Fortunatamente non ci sono stati feriti.
Le indagini sono ora affidate all’Antimafia e alla Digos che stanno analizzando l’area dell’attentato e le eventuali riprese delle telecamere presenti.
Il gesto ha suscitato forte indignazione e ampia trasversale solidarietà al giornalista. Una solidarietà che anche il nostro giornale, Noi Cambiamo, con l’intera redazione vuole esprimere a Sigfrido Ranucci, uomo coraggioso e professionista esemplare.

Non è la prima volta che Ranucci viene messo nel mirino.

Basti ricordare che vive sotto scorta dal 2009, quando fu minacciato in seguito a un’inchiesta su un clan mafioso catanese. Per di più, dal 2021 la sua protezione è stata intensificata con una scorta attiva 24 ore su 24, dopo che le autorità scoprirono un piano per ucciderlo, presumibilmente pianificato da un narcotrafficante legato alla malavita. Nel corso degli anni, Ranucci ha ricevuto numerosissime minacce, tra cui bossoli, pacchi con polvere da sparo, lettere minatorie, fino all’attentato avvenuto stamane con l’esplosione davanti alla sua abitazione a Pomezia

Come non ricordare oggi le molteplici campagne diffamatorie e di attacco al suo programma Report e alla sua persona, registrate anche da parte di personaggi politici e di ‘giornali’ dei partiti, nel corso di questi anni.

A questo riguardo, riprendendo un articolo uscito oggi sul Fatto Quotidiano, vogliamo ricordare un post del figlio di Ranucci, Emanuele, pubblicato su Facebook lo scorso gennaio, in cui in modo esemplare replica alle parole della rubrica Andrea’s Version, pubblicata dal Foglio (sic!). In tale giornale, il redattore della rubrica aveva definito Ranucci come giornalista ‘multipremiato per l’imbattibile frequenza con cui da decenni mette quintalate di merda nel ventilatore‘… per concludere con una sarcastica e quanto mai macabra affermazione riguardo allo tsunami del 2005 in Indonesia e alla sopravvivenza di Ranucci, allora inviato sul posto della Rai per un evento che causò 250 mila morti, ‘Ogni giorno a migliaia, per molto tempo. Era il 2005, per Ranucci purtroppo sembrava fatta. È riuscito a tornare’.

Qui sotto il trafiletto completo, per chi non ci dovesse credere.

Ebbene, a gennaio 2025, come dicevamo, il figlio del conduttore di Report Emanuele Ranucci, rispondeva a questo fiore del giornalismo italiano (nel Foglio, giornale finanziato con i nostri soldi delle tasse e delle imposte …) in questo modo esemplare.
Caro Andrea,
fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del “giornale” in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu – spero vivamente per la categoria di no – sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.

Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l’ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre. Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell’isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.
E’ uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto. Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l’assassino è evidente a tutti”.

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